ACCADEMIA NAZIONALE
DELL'OLIVO E DELL'OLIO
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Prolusione Prof. Aldo Corsetti Assemblea 2016

Olive da mensa: un alimento antico con un grande futuro

  • Prof. Aldo Corsetti – Università degli Studi di Teramo

Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio – Spoleto, 29 Aprile 2016.

 

Il bacino del Mediterraneo è stato interessato fin da tempi antichi alla coltura dell’olivo, come documentato da reperti archeologici risalenti al Mesolitico, e la consuetudine di impiegare la drupa dell’olivo per l’alimentazione umana si perde nella notte dei tempi. In quest’areale, anche l’olivicoltura italiana da mensa vanta tradizioni millenarie: la sua storia è parte integrante della cultura della nostra terra, fin da quando i suoi primi abitanti intrapresero, in epoca preistorica, l’utilizzo a fini alimentari delle notevoli risorse offerte dalla primitiva macchia mediterranea, che comprendeva, appunto, l’olivo selvatico.

Tutti i più importanti scrittori latini di agricoltura hanno lasciato insegnamenti sulla coltivazione dell’olivo e sulla produzione di olio e olive da tavola, stilando vere e proprie ricette molto simili a quelle oggi seguite per la preparazione di olive schiacciate, di olive all’aceto (“Kalamata”), di quelle al sale secco, di quelle variamente condite e dei paté di olive verdi e nere; ed è dell’italiano Giuseppe Tavanti, nel 1819, la splendida descrizione per la preparazione delle olive con acqua di calce, secondo le fasi tuttora applicate nel metodo Sivigliano.

Indipendentemente dal sistema utilizzato - Sivigliano o Spagnolo, Greco o al naturale, Californiano – solo per citare i più noti e diffusi sia a livello artigianale che industriale, scopo dei differenti metodi di trasformazione è di diminuire o rimuovere completamente il sapore amaro naturale dell’oliva, principalmente attribuibile al glucoside oleuropeina.

Tra questi sistemi, quelli basati sull’intervento di microrganismi si impongono per interesse, sia in relazione all’impatto della fermentazione sulle caratteristiche nutrizionali del prodotto, eventualmente completate ed arricchite dall’apporto di microrganismi con caratteristiche “funzionali”, sia per una metodologia di processo esclusivamente biologica, in grado di soddisfare le esigenze e le aspettative di un consumatore sempre più attento alla propria dieta.

Tuttavia, per la necessità di una fase di fermentazione spontanea da parte di microrganismi “contaminanti”, naturalmente presenti nelle materie prime o nell’ambiente di produzione, la realizzazione di un prodotto caratterizzato da sicurezza d’uso, riconoscibilità e serbevolezza è ancora da considerarsi più un’arte che una scienza; solo recentemente, infatti, grazie ad un interesse crescente del mondo della ricerca per questo eccellente alimento, si vanno chiarendo la struttura del microbiota del sistema oliva-salamoia (grazie anche all’applicazione di sistemi coltura-indipendenti basati sul rilievo diretto del DNA microbico), così come i meccanismi e le dinamiche microbiche che condizionano il processo; di conseguenza, sono sempre più chiare le possibilità di intervento per dirigere e gestire la fermentazione nella direzione opportuna, secondo le regole della moderna industria di trasformazione agro-alimentare.

La fermentazione lattica, per opera di batteri lattici (omo- ed etero- fermentanti) è quella più diffusa e, accompagnata a volte da quella alcolica dei lieviti, è applicata per l’ottenimento di prodotti di qualità, igienicamente sicuri e di elevato valore nutrizionale. Il processo di trasformazione delle olive da tavola, soprattutto di quelle fermentate al naturale è, infatti, la risultante di complesse reazioni biochimiche determinate dalle interazioni del microbiota indigeno delle olive con le caratteristiche di composizione della salamoia di fermentazione e con l’ambiente di lavorazione. Nei processi spontanei, ai quali la maggior parte delle aziende di trasformazione si affida ancora oggi e nei quali non si ricorre all’impiego di microrganismi starter, la buona qualità del prodotto finito è perseguita, essenzialmente, attraverso lo stretto controllo del processo di fermentazione, limitatamente al mantenimento dell’ecosistema delle olive in salamoia. In particolare, questo ecosistema è influenzato da diversi fattori, quali: a) associazioni microbiche indigene, derivate da contaminazioni del frutto prima e durante la raccolta; b) fattori intrinseci come pH, attività dell’acqua (aw), concentrazione salina della salamoia, disponibilità di nutrienti e di ossigeno, concentrazione di composti antimicrobici (per es. oleuropeina, acidi organici); c) fattori estrinseci, come tempo e temperatura di fermentazione e aerazione. Tutti questi fattori, in considerazione delle diverse esigenze ambientali dei vari microrganismi, possono influenzare la complessità microbica del sistema, in termini di numero e tipo di microrganismi, così come le loro interazioni e il metabolismo degli stessi con conseguenti riflessi, positivi o negativi, sulla qualità del prodotto finito. Di conseguenza, la corretta gestione della fermentazione rappresenta il punto centrale della trasformazione ed è il presupposto per l’ottenimento di un prodotto di qualità evitando la presenza di microrganismi spoilage, che limitano la vita commerciale del prodotto, o di microrganismi patogeni, che ne compromettono la sicurezza d’uso.

La profonda conoscenza dell’ecosistema oliva-salamoia, e delle caratteristiche dei microrganismi dominanti il processo di fermentazione spontanea (es. Lactobacillus pentosus), ha aperto nuove prospettive per l’impiego, come avviene da molti anni per altri prodotti fermentati (formaggi, vino, birra, salumi, lievitati da forno…), di colture starter selezionate. In questo senso, dati sperimentali ottenuti su importanti cultivar italiane (Itrana, Peranzana, Nocellara del Belice, Cellina di Nardò…) indicano la possibilità di impiego di miscele di batteri lattici in grado di abbreviare in modo significativo i tempi di deamarizzazione biologica rispetto alla lavorazione tradizionale. 

In ultimo, ma non per importanza, seguendo l’attuale interesse della comunità scientifica di riferimento ed in linea con le indicazioni della Comunità Europea (Horizon 2020) e l’attenzione crescente dei consumatori per le relazioni tra dieta e salute, interessanti prospettive derivano dalla possibilità di impiego delle olive da mensa, o di prodotti derivati, come veicolo di microrganismi probiotici e funzionali in grado di condizionare in senso positivo la salute dell’uomo.

 

 

 

Fonti bibliografiche e lavori scientifici di riferimento.

 

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     7. R. Tofalo, M. Schirone, G. Perpetuini, G. Suzzi, A. Corsetti*. Development and application of a real-time PCR-based assay to enumerate total yeasts and Pichia anomala, Pichia guillermondii and Pichia kluyveri in fermented table olives. Food Control 23, 356-362, 2012.

8. B. Lanza, A. Corsetti. Olive da mensa. pp 635-655. In: L’ulivo e l’olio, coordinamento scientifico di M. Pisante, P. Inglese, G. Lercker. Collana Coltura & Cultura, ideata e coordinata da R. Angelici, Bayer CropScience, Ed. Script, Bologna, 2009.

     9. M. Servili, A. Minnocci, G. Veneziani, A. Taticchi, S. Urbani, S. Esposto, L. Sebastiani, S. Valmorri, A. Corsetti. Compositional and tissue modifications in table olives induced by natural fermentation process. Journal of Agriculture and Food Chemistry 56 (15), 6389-6396, 2008.

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